I compro-oro, un non luogo all'incrocio tra la crisi e le mafie

Pubblicato il da ilfogliorossodivicenza-nordest

L'inchiesta di Liberazione sui negozi che stanno cambiando il paesaggio urbano

Era il 5 febbraio del 2000, governava Massimo D'Alema, quando entrò in vigore la liberalizzazione del mercato dell'oro. Da allora i “compro oro" hanno preso a spuntare come i funghi contribuendo a ridisegnare il paesaggio metropolitano al tempo della crisi. Vendere i gioielli di famiglia non è solo la metafora della dismissione del patrimonio pubblico ma la pratica quotidiana di famiglie colpite dalla sindrome della quarta settimana - spesso della terza - di malati cronici ai quali viene negato l'accesso gratuito ai farmaci di fascia C, di malati di gioco d'azzardo, di cittadini strozzati dall'usura o imprenditori cui è negato il credito in banca. Ma è anche il luogo dell'intreccio tra queste disperazioni e il lavoro incessante dell'economia criminale per ricettare o ripulire le quantità di denaro provenienti da altri business delle cosche. Ancora meno del denaro contante, l'oro non puzza e nemmeno è tracciabile quando viene fuso.
«Non ci vuole una professionalità specifica e nemmeno una trafila burocratica complicata. Le direttive dell'Agenzia per le Entrate sono confuse ma basta una licenza ex articolo 127 del Tulps come una rivendita di preziosi usati. Non serve nemmeno la Dia, la dichiarazione al Comune di inizio attività». Una delle guide di Liberazione per questo articolo è Stefano, giovane commercialista romano di 38 anni che, con due amici di sempre, ha appena aperto un “compro oro" in un quartiere della prima periferia est della Capitale, Torpignattara. Quartiere popolare e sempre più mescolato di italiani, stranieri e nuovi italiani. Un mese dopo, Stefano mostra la foto sul cellulare del primo lingotto, il primo chilo ricavato dalla fusione in un “banco metalli", il secondo passaggio della filiera per aprire il quale è necessaria, invece, una concessione governativa. Da lì l'oro viene acquistato dalle banche o prende la strada dei processi industriali.
Le Banche centrali del mondo nel 2012 hanno comperato più oro di quanto abbiano fatto negli ultimi 49 anni, spinte dalla necessità di ricoprirsi alla luce della montante crisi del debito sovrano che ha colpito gli Usa e l'Europa. La forte domanda ha fatto salire anche il prezzo al grammo, che oggi sfiora i 40 euro.
«L'utile non è molto alto, il 10%, ci sono commissioni fisse da pagare al banco metallo (dai 35 ai 50 cent al grammo), e la concorrenza si fa sempre più alta e agguerrita. Così il guadagno si aggira sui 2 euro e mezzo al grammo. Ma c'è offerta e si movimentano subito discrete quantità di denaro. Metti l'insegna e la gente entra subito, dipende dalla location e dalla pubblicità. Può sembrare assurdo ma ci sono clienti abituali, persone normali. Insomma non entrano fenomeni da baraccone».
Telecamere, casseforti, vetri blindati a norma, la fedina penale pulita e l'insegna ben visibile e riconoscibile. Gli ingredienti per aprire questa attività sono pochi e semplici da miscelare. Serve la padronanza minima per “grattare" l'oro, pesarlo e comprarlo in base ai due fixing quotidiani della Borsa di Londra che stabiliscono un prezzo volato dai 9 euro al grammo del 2001 ai 39,06 del giorno in cui viene scritto questo articolo. «In tempi di crisi salta il valore convenzionale delle cose e delle valute ma tutti si fidano ancora dell'oro che è ai massimi storici sebbene fluttui anch'esso».
«Arrivano ogni giorno anche signore disperate. C'è chi prova a vendere la fede del marito morto, proviamo a dissuaderla: “pensaci bene, ripassa domani" - prosegue il racconto di Stefano - la maggior parte è gente di mezz'età, molti indiani, ragazzini appena maggiorenni che vendono le catenine della comunione per comprare il motorino. E poi ci sono i tipi strani. Se qualcuno fa operazioni ricorrenti proviamo prima a fargli un prezzo sempre peggiore, per scoraggiarlo, e poi dobbiamo segnalarlo alla Banca d'Italia». Le regole impongono che il venditore abbia un documento italiano, che vengano fotografati gli oggetti e venduti solo dopo una giacenza di 10 giorni per eventuali controlli. Alcune questure chiedono di conservare le carte per dieci anni, procedura che presenta più di un dubbio rispetto alla privacy. «La prima “sòla", sembra un luogo comune, ce l'ha data un napoletano con un anello solo placcato. Chissà se è autentico il documento che ci ha dato. Non ci spreco nemmeno il tempo di andare a sporgere denuncia».

In tutta Italia i “compro oro" sono più 28mila (poco più del 10% iscritti all’Albo degli operatori professionali) con picchi a Roma, Napoli e in Sicilia, luoghi ad alta presenza di malavita. Uno ogni 13mila abitanti con un boom che insegue la crisi, dal 2008. Secondo la polizia, il 14% compie operazioni illegali. Un giro d'affari di oltre 7 miliardi di euro all'anno per circa 400 tonnellate tra oro e argento. Più pessimista l'avvocato Ranieri Razzante presidente di Aira, l'Associazione italiana responsabili anti-riciclaggio, e consulente della Commissione parlamentare antimafia, «il 60% dei negozi compie azioni illecite o criminali. Ed è una stima per difetto». Un controllo solo 3.000 negozi ha scovato 113 milioni di euro non dichiarati, Iva evasa per 36,5 milioni e 31 evasori totali.
La gran parte dei compro oro lavora onestamente ma la deregulation scava ampie nicchie per il riciclaggio, la movimentazione di merce rubata, e per l'usura. Il turn over delle licenze osservato dalle questure, un terzo delle richieste, potrebbe servire proprio a sottrarsi allo sguardo di chi deve controllare. Basta un prestanome qualsiasi per aprire una "lavanderia". Il riciclaggio è piuttosto semplice: si fa una prima operazione di compravendita regolare. Vengono trascritti per bene i dati sull'oggetto e il venditore sul registro obbligatorio vidimato dalla questura, poi con lo stesso documento si registrano decine di operazioni fittizie spesso a prezzi fuori mercato. Risulterà che l'ignaro primo venditore (ma può essere anche un morto, un nome inesistente o che non ha mai venduto nulla) ha portato in un mese alcuni chili d'oro. Gioielli mai esistiti ma che saranno contabilizzati dal titolare così da giustificare il denaro liquido in cassa quale frutto della fusione e della rivendita di oggetti mai arrivati e mai venduti. Soldi sporchi che all'improvviso ritornano in mano alle mafie immacolati e regolari, senza puzzare di racket.
Ogni anno in un singolo negozio girano in media 350mila euro all'anno. Un dato considerato credibile dal “nostro" Stefano. Secondo la polizia dove apre un “compro oro" di solito si verificano aumenti di furti e rapine. A vederla da Bari, l'Osservatorio sulla legalità ha calcolato che, nel 2011, furti, scippi e rapine sono aumentati del 70 % nelle zone ad alta concentrazione di "compro oro". L'associazione Sos Racket e Usura ha filmato la facilità del riciclaggio, in vari negozi e con molta facilità, uno dei suoi attivisti è riuscito a vendere senza esibire la carta d'identità.
Ma i “compro oro" hanno eroso uno spazio tradizionalmente appannaggio del “monte", come lo chiamano a Roma, il Monte di Pietà. Un impresario del settore è stato scoperto a Roma con 20 chili d'oro e 10 d'argento in cassaforte per un valore di 800 mila euro. Tra gli oggetti sequestrati anche gioielli che riceveva in pegno da persone in difficoltà economica e che rivendeva loro con un incremento del 20% del prezzo. Ce lo dice Italo Santarelli, attivo col Ceirp da 19 anni nella lotta contro l'usura. Racconta di come la stretta creditizia consegni famiglie e piccoli imprenditori nelle fauci del credito illegale, i “cravattari". Chi ha bisogno di denaro liquido in tempi brevissimi e senza troppe domande si rivolge ai compro oro abusivi. Una funzione, quella tipica dei monti di pietà, vietata per legge ai privati.
In Parlamento giacciono da tempo nel cassetto due progetti di legge che vorrebbero far emergere dalla deregulation (ad esempio con l'obbligo di inviare entro 24 ore alla Questura ogni informazione sugli oggetti e un borsino dell'oro usato) un settore dove non tutto quello che luccica, è oro.

 

 

Checchino Antonini da www.liberazione.it
Per essere informato degli ultimi articoli, iscriviti:
Commenta il post